Il passo è lento, l’appoggio leggero, tacco-pianta-punta, tacco-pianta-punta. Appoggio sul lato esterno del piede.
Penso che questo tipo di appoggio sia dovuto alle scarpe. Mi concentro sull’appoggio che percepisco leggero e mi viene in mente il miliardo di volte (o forse più) in cui mi sono sentita dire “non ti ho sentita arrivare, hai un passo talmente leggero che non ti si sente”.
Mi fermo e mi rendo conto di essere in apnea: respiro e riprendo il mio cammino.
E’ buio per strada ma, per sicurezza (!), mi guardo intorno perché non voglio ci sia qualcuno che mi vede. E così è, non c’è anima viva.
Allora mi impongo un passo più “pesante”, un passo con un appoggio più forte, con un contatto più sicuro con il suolo. Credo di aver fatto cinque passi, non di più.
L’appoggio sicuro c’era, ma il passo era diventato veloce. Procedo a passo normale, cioè leggero. Ci riprovo, dopo la solita verifica (nessuno in giro).
Faccio qualche passo in più rispetto a prima, ma non riesco a farlo lentamente.
Mi viene in mente la “stizza” che mi prende quando, in studio, le colleghe con scarpe con i tacchi camminano in modo così rumoroso che le sento da lontano, o quelle che trascinano i piedi.
Solo le donne fanno così, in studio.
Gli uomini no, a parte uno che cammina dondolandosi sulla punta dei piedi…